Il Monte Bicchero

Attraverso una delle valli piu' belle dell'Appennino: la Valle Majelama


La giornata è terminata in un ristorantino di Forme, sconosciuto fino a ieri, dove siamo stati accolti con estremo calore e simpatia, dove abbiamo mangiato benissimo e bevuto meglio ancora , clamorosa la genziana conclusiva da autentica acclamazione con standing ovation. Se le due stanze al piano di sopra rispettano gli stessi standard è da annoverare come una meravigliosa base di partenza per una due giorni sul Velino; sto parlando dell’Antica Trattoria di Forme. Curiosate e verificate, consiglio da amico senza interesse. E pensare che è stato un ripiego! Quando siamo arrivati in alto, sul Monte Bicchero, anzi sulla sella del Bicchero, abbiamo avuto appena il tempo di affacciarci dall’altra parte, di godere di una vista meravigliosa delle coste del Velino e della valle dei Briganti, che il mondo ci si è chiuso sopra in pochi istanti. Saliti dalla valle Majelama e per quella del Bicchero fino alla selletta, avevamo intenzione di compiere un anello fino al Cafornia e di scendere a valle per il sentiero n°7. Da una mattinata di fine estate siamo passati repentinamente ad una giornata fredda e autunnale; e sarebbe stato nulla se almeno si fosse goduto della vista sul Velino; Marina fremeva per poter percorrere quella traversata, la sua passione per questo gruppo montuoso aumenta ad ogni frequentazione. Abbiamo stazionato per un po’ in vetta, cercando di ripararci dal vento freddo e sperando che le nuvole venissero disperse dalle forti raffiche, a tratti ci siamo pure illusi ,abbiamo anche discusso sul caso di proseguire comunque l’anello e andare a cercare la fortuna, quella che qualche volta aiuta gli audaci (solo qualche volta però), ma l’unica cosa che abbiamo ottenuto è stato di raffreddarci. Il dado è tratto , ci siamo detti, qualcun altro ha deciso per noi, andiamo a mangiare a valle. Un mini anello ad onor del vero lo abbiamo fatto, quello intorno alla cima del Bicchero, rientrando siamo scesi a destra della sua piramide sommitale, dentro la valle detritica, per un sentiero che solo nella parte alta e più scoscesa è ben tracciato e visibile. A salti e per vie intuitive , tra prati e cengie e scivoli brecciosi abbiamo guadagnato la valle, dove sono apparsi sparuti segnavia giallo-verdi, difficili per altro da seguire. Ma in basso la nebbia si stava diradando, dei segnavia non c’era bisogno , per linee ovvie abbiamo raggiunto il sentiero di salita. Non rimaneva che ritornare sui nostri passi. Ma andiamo per ordine, la mattina abbiamo raggiunto Forme intorno alle 8, immediatamente prima della piazzetta del paese, sulla sinistra, una stretta viuzza e dei segnavia sullo spigolo dell’abitazione indicano la direzione per la valle Majelama. Dopo poche case si è già fuori del paese, la stradina continua per un paio di chilometri e si lascia l’auto fino dove non diventa sterrata, proprio sul finire della strada asfaltata le indicazioni segnalano l’inizio del sentiero n°8 per la Majelama/Bicchero e l’inizio del sentiero n°9 per il monte Magnola. Un paio di chilometri più avanti, forse meno, la sterrata finisce al rifugio di Casale da Monte, meravigliosa struttura purtroppo chiusa e non utilizzabile. Facile da imboccare il sentiero conduce in pochissimi minuti all’imbocco della valle; nonostante non siamo più nelle prime ore della mattina la valle si presenta ancora buia, il sentiero scorre preciso ed agile in mezzo alla vegetazione che presto si fa fitta. Le pareti all’imbocco sono strette e ripide, scure ed in ombra incutono un certo rispetto, sullo sfondo le creste della Costa Stellata sono illuminate dal sole ma sovrastate dalle nuvole che annunciano già la presenza di vento in quota. Guardo i ripidi bastioni che strapiombano in questo tratto di valle e mi chiedo dove sarà incastrato quel nido di aquile che da tempo immemore vivono su questi contrafforti. I primi due chilometri della valle sono all’interno di un bosco basso, a tratti fitto, ed è proprio in uno degli slarghi che alzando gli occhi intravediamo una coppia di grossi rapaci in volo, planano, ma in una maniera poco armoniosa, sono altissimi, enormi a giudicare dall’apertura alare che intuiamo nonostante la distanza, non riesco a capire se si tratta dei Grifoni che ormai sono stati introdotti nel territorio e che si sono diffusi con facilità o se sono le famose aquile di questa valle. Lentamente il sentiero si alza, esce allo scoperto dalla vegetazione mentre i raggi del sole iniziano a colorare le pareti rivolte ad Est. Una serie di salti, tre, lenti, uno di seguito all’altro ci fanno entrare nel cuore di questa lunga frattura del Velino, fanno guadagnare quota, cambiano il panorama, gli spazi si allargano e si illuminano; mentre davanti si preannuncia già la piramide del Bicchero, fantastico il primo colpo d’occhio perché ti coglie di sorpresa, uno sguardo indietro rende bene l’idea dell’enormità di questa valle. L’ingresso non si vede più, la valle ha virato a Nord, si intuiscono solo le strette pareti che dominano l’imbocco e che sono ancora scure e in ombra, intorno le ripide pareti della Costa Stellata, del Magnola e della Cimata di Fossa Cavalli sul lato opposto a Nord. I tre salti, lentamente ci portano fuori dalla vegetazione, preannunciano già la valle del Bicchero dove gli spazi si dilateranno verso una magnifica conca glaciale, ora detritica, formata dalla cresta che unisce Cimata di Fossa Cavalli al Bicchero. Una nota di cultura locale che da colore all’escursione e che mi è stata tramandata dai locali una volta sceso, vuole che con il nome del Bicchero sia più conosciuta la zona tra il primo ed il terzo salto, più o meno dove sul terreno sono sparsi tanti roccioni enormi squadrati, che la cima al termine della valle. Questa zona, appunto il Bicchero, è famosa e frequentata dai locali per la raccolta degli orapi e delle radici di Genziana, ma non ditelo in giro; quindi, se un locale vi invita ad una passeggiata al Bicchero non sognatevi di raggiungere la vetta a 2161 mt, ma dei più prosaici spogli pratoni. La valle Majellama termina dove si apre la conca sotto Cimata di Fossa Cavalli, dove senti proprio la necessità di fermarti per farti prendere da ciò che hai davanti. Il Bicchero sporge e si protrae all’interno della piana andando a formare due valli distinte; a sinistra forma la conca già descritta, pareti rocciose verticali, detrititica, una miriade di piccoli avvallamenti a renderla caotica; a destra va a formare la sottile lingua di valle che raggiunge la cresta, erbosa, che aumenta via via la pendenza fin a raggiungere la sella. Questo lato abbiamo scelto per salire, mentre le ripide coste del Bicchero all’interno della conca detritica abbiamo usato per scendere. Raggiunta la sella, Punta Trento e Trieste col Costone erano già spariti immersi nelle scure nuvole che salivano da est; abbiamo avuto solo cinque minuti per entusiasmarci per la visuale che offriva il Velino, un forte contrasto tra la piramide , le pareti ripide, la profonda ruvida valle dei Briganti e le nuvole che già incorniciavano il tutto, nascondevano e scoprivano un attimo dopo. Un regalo da cogliere al volo e poi il buio, anzi, il grigio, la discesa a valle e l’Antica Trattoria a Forme.